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E’ L’IMPEGNO NELLA PRATICA CHE REALIZZA IL DIVINO CHE E’ NELL’UOMO (di Alberto Idà)

Aggiornamento: 21 apr 2020

Troppo spesso le conoscenze acquisite dai musicisti nei Conservatori e nelle Accademie rimangono allo stato teorico, persino mal digerite e, a fine corso, scivolano via dal piano della memoria come argento vivo. Come è noto il cervello funziona per associazioni, ma ciò che spesso si dimentica è che esistono vari livelli che una nuova informazione deve attraversare prima di riuscire a imprimersi in maniera indelebile nella mente: il primo livello è l’esperienza astratta dell’informazione, un dato informe che, per evitare di sprofondare nell’abisso del subconscio, stimola la memoria a ricercarenuove informazioni che rimandino alla prima in maniera diretta o indiretta; si raggiunge il secondo livello nel momento in cui si creano gli ancoraggi, cioè la nuova informazione (ancora fragile) cerca di legarsi ad altre informazioni simili che fungono da supporto per far sì che essa ottenga il giusto posto nella memoria cosciente, generando di conseguenza una vera e propria idea con una sua forma; il terzo livello è raggiunto nel momento in cui l’idea si fa sostanza attraverso la pratica. La volontà è la chiave che accende il motore della pratica e, attraverso quest’ultima, l’informazione si trasforma in vera conoscenza, perché soltanto l’esperienza diretta può incidere un solco così profondo nel cervello. Ho imparato le leggi dell’armonia mettendo in pratica al pianoforte le conoscenze teoriche acquisite e, grazie a questo lavoro, non potrò più dimenticare determinati concetti, in quanto essi sono stati assimilati non solo dal cervello, ma dalle dita, da tutto il mio corpo. “La verità si apprende con gli atomi”, disse una volta un uomo saggio; per cui il consiglio che mi sento di dare a tutti coloro che studiano musica è quello di mettere in pratica sullo strumento le conoscenze teoriche acquisite e, soprattutto, non vergognarsi di sperimentare e improvvisare (molte idee musicali e molti capolavori sono nati proprio dall’improvvisazione e da nuovi esperimenti). Spesso molti insegnanti di provincia sopprimono le naturali idee creative degli allievi, imponendo loro un modello fisso di studio che, ahimè, troppo spesso è frutto di idee errate cristallizzatesi nel tempo,senza alcuna validità filosofica né scientifica.

Detto questo, mi auguro che in futuro gli insegnanti possano rivalutare alcuni pregiudizi legati a un presunto corretto metodo di studio (come la ripetizione ossessiva di determinate frasi musicali, o varianti usate senza consapevolezza nei passaggi tecnicamente complessi) e che gli allievi siano sempre disposti a ricercare e verificare la validità di un metodo attraverso la pratica costante e sempre in evoluzione.


Alberto Idà, pianista

del team Capitale Umano Italiano


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